Rime (XXVIII)

XXVIII 
  CINO DA PISTOIA A DANTE 
  PER CONSOLARLO DELLA MORTE DI BEATRICE 

 Avvegna ched el m'aggia più per tempo 
    per voi richesto Pietate e Amore 
    per confortar la vostra grave vita, 
    non è ancor sì trapassato il tempo 
    che 'l mio sermon non trovi il vostro core 
    piangendo star con l'anima smarrita, 
    fra sé dicendo: «Già sete in ciel gita, 
    beata gioia, com chiamava il nome! 
    Lasso me! quando e come 
    veder vi potrò io visibilmente?»; 
    sì ch'ancora a presente 
    vi posso fare, di conforto aita. 
    Donque m'odite, poi ch'io parlo a posta 
    d'Amor, a li sospir ponendo sosta. 
  Noi provamo che 'n questo cieco mondo 
    ciascun si vive in angosciosa noia, 
    ché in onne avversità ventura 'l tira. 
    Beata l'alma che lassa tal pondo 
    e va nel cielo ov'è compiuta gioia, 
    gioioso 'l cor for di corrotto e d'ira! 
    Or donque di che 'l vostro cor sospira, 
    che rallegrar si de' del suo migliore? 
    Ché Dio, nostro signore, 
    volse di lei, com'avea l'angel detto, 
    fare il cielo perfetto. 
    Per nova cosa onne santo la mira, 
    ed ella sta davanti a la Salute 
    ed inver lei parla onne Vertute.
[XXVIII
  CINO DA PISTOIA TO DANTE, TO CONSOLE
  HIM ON THE DEATH OF BEATRICE]